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Immediatamente fuori dalla cortina muraria di Locri Epizefiri, ai piedi di un erto pendio antistante il vallone Caruso-Polisà, nel 1940 l’archeologo Paolo Arias scoprì una grotta (oggi in contrada Caruso) la cui volta crollò quasi subito dopo l’esplorazione. Gli scavi misero in evidenza che si trattava di un santuario; grazie alla presenza di acqua sorgiva, l’antro divenne infatti, fin dal VI secolo a.C., sede di un culto delle Ninfe e forse di altre divinità legate alla natura e pertinenti alla cerchia di Dioniso e a quella di Afrodite. Fiorita come sede di culto nella seconda metà del IV secolo a.C., la grotta venne monumentalizzata in età ellenistica creando un bacino per la raccolta idrica con pareti a gradoni, cui si accedeva tramite una scala ricavata nella roccia. Le acque erano canalizzate in lunghi tubi di terracotta. All’interno della vasca un blocco calcareo sosteneva un simulacro, mentre un piccolo altare quadrangolare era, probabilmente, collocato su alcune pietre squadrate sommariamente. Numerosissime gli oggetti votivi rinvenuti in loco, tra cui terrecotte raffiguranti teste e busti femminili, statuette di Pan e, soprattutto, ninfei, cioè riproduzioni di santuari dedicati alle ninfe; tali riproduzioni, di grande interesse, vanno dagli schemi più semplici, con modelli di grotte naturali decorate con stalattiti e piante palustri fino a quelli più complessi, in cui le grotte sono invece arricchite da elementi monumentali. I reperti rinvenuti a Grotta Caruso sono oggi custoditi nel Museo Nazionale Archeologico di Reggio Calabria e nel Museo Nazionale di Locri. Situata a: contrada caruso 89044 Locri(RC) Mappa Torna indietro |